mercoledì 31 luglio 2013

Lighthouse : Il faro



Positivo :

Ancora una volta, ci troviamo di fronte ad una classica e datata avventura grafica “punta e clicca”, in cui però stavolta bisognerà raccogliere molti oggetti da usare e associare tra di loro o con l’ambiente circostante, una caratteristica molto più tipica di certe avventure videoludiche (come le ormai storiche saghe targate LucasArts di Monkey Island, Sam & Max, Full Throttle, Maniac Mansion e il suggestivo singolo Grim Fandango) in cui il gameplay procede non per logica “enigmatica”, nel senso di risoluzione di enigmi e puzzle a sé stanti , quanto piuttosto per logica “associativa”, nel senso di associazione di oggetti, raccolti durante il percorso, con altri oggetti sempre raccolti nell’inventario oppure con oggetti, cose e persone facenti parte integrante dell’ambientazione esterna. Tale caratteristica sarà presente in questo gioco in modo molto maggiore che ad esempio in Vitae, per non parlare dei Myst in cui essa  è praticamente inesistente, essendo il gameplay di tale saga strutturato in puzzle, rompicapo ed enigmi vari già “interi” e “completi in sé stessi”, senza bisogno di interagire e/o di venir ricostruiti con oggetti e pezzi mancanti da raccogliere e mettere nel nostro inventario, che servirà solo a contenere per lo più libri utili o oggetti da consegnare a qualche personaggio o da usare su determinati altri oggetti, strumenti ecc. dove però tale associazione sarà ovvia e scontata, un procedimento obbligato e a senso unico, e non quindi parte vera del gioco, della sfida ludica, che è invece plasmata in una pura concezione di logica “enigmatica” (ad eccezione forse dell’ultimo gioco della saga, Myst V : End of Ages, e dello spin-off Uru : Ages beyond Myst , i quali peraltro non conosco bene e non ho incluso nella trattazione della saga descritta in questo blog) ; Lighthouse invece, pur essendo un’adventure game ispirato in modo evidente a Myst su vari aspetti che tra un po’ illustrerò, ha una sfida ludica consistente quasi totalmente in associazioni del tipo oggetto raccolto + oggetto ambientale non raccolto/non raccoglibile, oggetto raccolto + puzzle/enigma ambientale, oggetto raccolto + altro oggetto raccolto ecc. ; le associazioni di questo tipo sono parte indissolubile della giocabilità e sono spesso connesse strettamente agli enigmi, che quindi non sono mai o quasi mai a sé stanti e “completi in se stessi”. Lighthouse in questo si differenzia molto anche da Atlantis, dove c’è una sorta di fusione, un curioso mix tra i due stili di logica “associativa” e logica “enigmatica”, ovvero ci sono tanti oggetti da prendere e da utilizzare nelle associazioni già esposte per Lighthouse, anche quindi su puzzle ed enigmi facenti parte dell’ambiente di gioco, che dunque non sono a sé stanti, e ci sono altresì veri e propri enigmi del tutto a sé stanti o addirittura particolari casi di enigmi che si potrebbero chiamare “quasi a sé stanti” (ossia che hanno bisogno di qualche strumento/oggetto raccolto nell ‘inventario per attivarsi, ma dopo di ciò si devono risolvere come rompicapo autonomi stile Myst, quindi non del tutto a sé stanti  ma nemmeno del tutto dipendenti dagli oggetti ad essi associabili, la logica “associativa” serve solo in un preciso momento, ma per il resto la risoluzione di tali puzzle non si attua capendo quali oggetti associarglisi e come, ma si attua capendo i puzzle in sé, con la logica “enigmatica”).
La trama di Lighthouse comincia usando un concetto venuto fuori da noi occidentali negli anni ’30, che è ormai famoso tra i cultori di scienza e di fantascienza, presente, per citare opere recenti, anche nel film culto Donnie Darko : il concetto di Wormhole.








Spiegandolo con le “parole ufficiali”, funziona così : se si immagina l’universo in cui risiediamo (un universo che è uno degli innumerevoli esistenti, paralleli tra loro) come un foglio di carta, e considerando due punti diversi A e B tracciati su tale foglio come fossero due punti del nostro universo differenti in spazio e in tempo, per viaggiare da A a B in modo veloce si potrebbero scoprire delle scorciatoie speciali, consistenti in tunnel che uniscono i due punti, analogamente a quando si piega il foglio di carta di modo che i due punti si trovino uno sopra l’altro, e si mette una matita tra essi, a fare da ponte, oppure ancora meglio si piega il foglio a tal punto da far toccare e “combaciare” i due punti, rendendo la distanza fra loro praticamente nulla, così da poter saltare istantaneamente da un punto all’altro, come in effetti pare succedere in questo gioco, senza neanche bisogno del tunnel Wormhole (il termine vuol dire in inglese “buco del verme”, un’allusione a quando il verme mangiando la mela crea un tunnel che mette in comunicazione due punti altrimenti lontani sulla circonferenza della mela, un modo di vedere la cosa del tutto diverso da quello del foglio di carta ! ) ; ed è questo l’obiettivo che si era prefissato lo scienziato del gioco, inventore di un macchinario in grado di piegare l’universo e far toccare due punti molto lontani nello spazio (e nel tempo), per esplorare in poco tempo nuovi mondi. Ma ben presto risulterà chiaro che non tutto è andato per il verso giusto : piegandosi, il nostro universo (lo stesso dello scienziato) è entrato in contatto con un universo parallelo, e dal portale di unione dei diversi punti spazio-temporali lo scienziato ha fatto la conoscenza di un curioso essere, alto, magro, nero carbone e bizzarramente tatuato.





                                                            Essere Oscuro




L’essere, dapprima apparentemente neutrale, ha successivamente rubato i progetti e alcuni pezzi del macchinario dell‘inventore, assieme a varie altre tecnologie del laboratorio, per poi infine rapire la neonata figlia dello scienziato, per ignoti scopi.
La vicenda dovrà quindi essere rimessa a posto dal personaggio protagonista, uno scrittore amico dello scienziato che cerca l’ispirazione per la trama di un romanzo. Scrittore o scrittrice, perché in effetti il suo sesso non viene mai  davvero chiarito durante il gioco, essendo quest’ultimo con la visuale in prima persona e senza che il giocatore veda mai i tratti del personaggio in uno specchio o per mezzo di altri espedienti, proprio come accade nella saga di Myst. Questa è una delle cose che Lighthouse- Il faro (nel titolo originale inglese Lighthouse : The Dark Being, in riferimento all’Essere Oscuro, nemesi nel gioco) ha in comune con Myst ; un altro singolare elemento di similitudine con tale saga, ma soprattutto con i primi due (Myst e Riven) è quello di sembrare particolarmente ispirato ai romanzi di Jules Verne, come l’avventurosa trilogia formata da “I figli del capitano Grant”, “20.000 leghe sotto i mari” e “L’isola misteriosa”.





























Questo non solo perché in Lighthouse il luogo dell’universo parallelo in cui dovremo inseguire l’Essere Oscuro che ha rapito la figlia dello scienziato sembra, all’inizio, un’isola rocciosa, desolata e vulcanica, dove alla fine il vulcano esploderà, proprio come in quella “misteriosa” di Verne, o perché ci sono messaggi in bottiglia di naufraghi che hanno bisogno di estremo aiuto, o perché è presente un curioso sottomarino stile “Nautilus del Capitano Nemo”, ma soprattutto perché, come in Myst, le ambientazioni (e mi riferisco non tanto a quelle iniziali, nel proprio mondo, quanto a quelle dell’universo parallelo) consistono in locazioni estremamente varie, ognuna diversa per spazio (località, cultura) e per tempo (epoca) dalle altre e connesse assieme, avente ognuna al proprio interno una fusione di oggetti, strumenti ecc. in questo stesso modo differenti tra loro o con l’aspetto della location in cui si trovano.
Questo non significa affatto che entrambi i giochi siano in questo senso una scopiazzatura dei mondi creati su carta e penna da Jules Verne, né che Lighthouse sia il clone di Myst ; anzi, il modo in cui Lighthouse usa questa caratteristica risulta essere davvero originalissimo e unico, fondendo tra loro gli elementi più disparati : torrioni di pietra ruvida e bianca, simili a edifici antichi siciliani, costruiti in stile arabeggiante, in cui ci sono stanze piene di soprammobili e oggetti medievali, penne d’oca, pergamene ecc. assieme a radioline futuristiche e meccanismi strani ; templi dalle colonne greco-romane con in cima cupole medio-orientali, le cui stanze dalle finestre ad arco in stile turco ospitano bizzarri marchingegni a impianto elettrico che paiono credenze ottocentesche con collegati televisori anni ’20 con parabola annessa e lampadine-valvole ; sottomarini con dentro tubi dalle forme surreali e oniriche, pulsanti e quadranti da astronave insieme a manopole dalla forma barocca ; in riferimento all’elemento onirico mischiato al resto, addirittura colonne la cui base è più fina della parte superiore e del capitello, andando contro le leggi della realtà densa/fisica… insomma, una grande varietà di componenti, stili e luoghi eterogenei ma incredibilmente coesi, e spesso permeati da musiche che riescono a trasmettere la sensazione, il sentimento e l’idea dell’estrema esoticità di tali luoghi, e allo stesso tempo di suspence, di una “tensione” (intesa non nella sua accezione negativa di blocco o irrigidimento nervoso e psico-fisico, ma nell’accezione positiva di “tendere pro-attivamente verso qualcosa”) che sente i misteri celati sia in questi luoghi che nella strana vicenda ospitata da essi, una “tensione” che freme per svelarli, dando il presentimento di essere prossima a farlo, e di essere quindi vicini a qualche sensazionale scoperta.
Bisogna dire che questo gioco, nonostante la sua evidente unicità, è stato comunque giustamente incluso nel genere steampunk (al quale appartiene tra l’altro anche Dishonored, gioco già trattato in questo blog), per via dell’elemento “tecnologia utopica/distopica a base di meccanismi ottocenteschi fusi con componenti moderne e futuristiche” sempre ricorrente durante il gameplay.
Sono proprio tutti questi macchinari, ingranaggi, meccanismi tecnologici a rappresentare il messaggio centrale che questo gioco vuole trasmettere : come ci verrà detto da Lyril, ragazza guardiana del tempio sacro delle Macchine Antiche, in un tempo remoto l’umanità di questo luogo parallelo al nostro aveva costruito quest’ultime in grande scala e in modalità perverse, per dominare e sopraffare la Natura. Tutto questo “progresso” portò alla vera e propria morte della Terra, e alla fine di quella civiltà. Solo i più forti o coloro che erano isolati riuscirono a sopravvivere, e si formò un gruppo di Sacerdoti che, tramite un meticoloso e continuo sforzo di ricerca, riportarono alla luce antiche conoscenze da molto tempo perdute, che permettevano di vivere in armonia con la Natura, non più soffocandola come nella precedente epoca delle Macchine, le quali comunque non disdegnarono di studiare, per integrare ciò che c’era di buono in loro nelle nuove (anche se in origine molto antiche) tecniche e conoscenze, ed evitandone l’utilizzo disarmonico e innaturale, come dice Lyril “per non ripetere del passato il fallo”…
Risulta evidente, anche solo leggendola qua, che questa storia ha un parallelismo con la nostra epoca attuale, con il concetto di “progresso” tecnologico che ha tra i suoi rischi quello di non utilizzare tali avanzate tecnologie in modo cosciente e rispettoso della Natura, in funzione di obiettivi illusori e dannosi per essa. Ma vi è in questa storia un’allusione che va ben oltre il relativo contesto storico/culturale in cui viviamo : le Macchine Antiche non sono semplicemente la “moderna” tecnologia allo sbaraglio, ma piuttosto la meccanicità dei processi psicofisici dell’essere umano che prendono il sopravvento su di esso e si svincolano dalla sua Natura profonda, dalla coscienza vitale che ha generato quegli stessi processi meccanici. Si tratta ancora una volta della personalità/maschera di cui ho già parlato nell’articolo su Vitae, che funziona per automatismi e meccanismi, e che si è ritrovata a non esser più guidata dalla coscienza, ma anzi ne è diventata la sua sgraziata aguzzina e sfruttatrice, depredandola della sua energia vitale in modo simile a un parassita. E questa è la condizione umana instauratasi da moltissimo tempo, un sistema che comunque è destinato a danneggiare ogni cosa, compreso sé stesso, arrivando probabilmente all’auto-distruzione come in questa dimensione parallela di Lighthouse. In un tale clima di prigionia nella meccanicità privata della coscienza, e di abitudini malsane portanti all’ammalamento e uccisione dell’ecosistema vitale (inteso anche come coscienziale) della Terra, soltanto “i più forti”, quelli che per qualche motivo karmico ecc. sono meno intaccati dalla contaminazione, o ancora “coloro che vivono isolati”, che sempre per Karma, per il proprio vissuto personale, si sono ritrovati ai margini della società (non intendendo con questo per forza chi sta male economicamente, ma solo coloro che sono tagliati fuori dai meccanismi della mondanità, e così anche dai veleni psichici della “mente collettiva”). Anche la frase di Lyril “La Terra in rovina ci mette tempo a guarire, e la gente detesta crescere, ma la Natura ascolta coloro che si affannano con zappa e sementi !” si riferisce non solo al suo significato letterale, ma al fatto che, in un sistema così marcescente e incosciente come quello in cui da oramai immenso tempo viviamo, non accettiamo di buon grado di rivoluzionare le nostre abitudini, per guarire e riaccostarci alla nostra più profonda Natura interna, alla nostra coscienza che ascolta e viene incontro a coloro che “si affannano con zappa e sementi”, coltivandola… ecco che si ritorna di nuovo alla coscienza che si auto-alimenta con prese di coscienza (concetto già espresso nell’articolo su Atlantis).
La Terra viene così salvata e rivitalizzata dai pochi superstiti, e le cose girano per il verso giusto, almeno fino a quando non compare l’Essere Oscuro, che vuole ristabilire il vecchio Ordine della Meccanica come padrona ingestibile sulla Coscienza, e per farlo rapisce la piccola figlia dello scienziato del nostro universo e la mette al comando delle strumentazioni della fabbrica da lui costruita (probabilmente con gli aggeggi rubati nel laboratorio del padre), stante all’interno di un vulcano, e dalla quale fuoriescono rifiuti tossici. C’è bisogno della bambina, perché i paladini dell’incoscienza che lavorano contro la coscienza e la sua energia vitale, ne hanno comunque bisogno per far funzionare i loro sistemi sfruttandola, altrimenti si fermerebbe e si dissolverebbe tutto, rimanendo senza più l’impulso della Vita. La bambina rappresenta in tal caso la coscienza o anche l’Anima vitale e creativa, un’eterna bambina caduta prigioniera di entità oscure e vibrazionalmente negative, che abbassano dunque la sua vibrazione energetica vitale, cibandosi degli stati d’animo da lei prodotti a causa di questo abbassamento, proprio come possono fare i Voladores di Castaneda, o i Dissennatori di Harry Potter. L’Essere Oscuro dunque sfrutta e usa la coscienza ma lavora contro di essa, e come dice Lyril scaccia la gente dal suo dominio, rimpiazzandola con automi e mostri senz’anima (i primi, peraltro, erano anche utili fin tanto che stavano sotto la gestione della coscienza, come dice un inventore del luogo e la stessa Lyril).



Automa uomo-uccello inizialmente sotto la guida della coscienza,
poi modificato dall'Essere Oscuro

                             



Sempre Lyril ci informa che l’Essere sembra provenire dal loro passato, e molto probabilmente la sua venuta è stata causata proprio dall’esperimento spazio-temporale dello scienziato all’inizio del gioco, in cui oltre a venir piegato l’universo/foglio spazio-temporale dei protagonisti, si è piegato anche quello parallelo di Lyril & Company, connettendoli a questa antica creatura di tenebra del loro remoto passato… Forse un monito, per coloro che fanno certi tipi di sperimentazioni, a esplorare le novità senza peccare di presunzione e di ingenuità (lo scienziato, vedendo le prime volte l’Essere Oscuro, ha messo da parte la sana prudenza e gli avvertimenti del cuore per soddisfare la curiosità meccanica da asettico e superbo sperimentatore, e così facendo ha sottovalutato, o valutato in modo erroneo la creatura), per evitare poi di incappare in grossi guai.
Guai che poi, alla fine, non verranno risolti da lui, ma dai Sacerdoti dell’universo parallelo, che costruiranno un’arma composita in grado di intrappolare l’Essere in uno speciale vasetto, componente dell’arma stessa. Come in Atlantis, è presente l’arcano concetto che “il Male in questo mondo non può venire distrutto completamente, ma può esser fermato, intrappolato e isolato”, concetto presente anche in un altro interessante gioco della stessa casa sviluppatrice di Lighthouse, ovvero Shivers.
Ma di questo forse ve ne parlerò prossimamente... ;)

Articolo scritto da : Lorenzo Gnosis Amato



Nessun commento:

Posta un commento